Fratture collo del femore e pertrocanterica

Frattura del collo del femore
La regione “collo del femore“ è la più esposta alle fratture, a causa della sua conformazione e del carico del peso corporeo a cui è sottoposta. La diagnosi è affidata all’esame radiografico, che permette di individuarne l’esatta sede: la frattura del collo femorale interessa la porzione ossea tra la testa femorale e la zona trocanterica.
Nell’età avanzata, a causa della graduale diminuzione della quantità del tessuto osseo (osteoporosi senile), la regione del collo femorale risulta molto indebolita.
Questo tipo di frattura si verifica spesso a causa di traumi di modesta entità: la situazione più frequente consiste nella caduta accidentale di un individuo anziano, favorita:
- dalla riduzione della forza muscolare (ipostenia),
- da calzature non adatte,
- da irregolarità del terreno,
- da un improvviso capogiro legato a un disturbo del ritmo cardiaco.
Altre volte l’anziano cade in seguito alla rottura spontanea del collo femorale osteoporotico.
Le fratture del collo del femore sono le più frequenti nell’uomo e nella donna dopo i settanta anni.
L’allungamento della vita (vita media oltre ottant’anni) ha determinato un notevole aumento di questa patologia, che costituisce un grave problema sociale e assistenziale. Nuove tecniche d’intervento chirurgico negli ultimi trent’anni hanno rivoluzionato la prognosi.
Nei giovani, invece, la frattura del collo femorale avviene in seguito a un traumatismo ad alta energia (incidente stradale, sci, ecc.).
Frattura Pertrocanterica
Le fratture extra-capsulari, rispetto a quelle del collo del femore, sono gravate da una maggiore morbilità e mortalità.
È fondamentale la rapidità dell’intervento chirurgico che va eseguito entro le 48 ore successive al trauma.
La precoce terapia chirurgica, le terapie farmacologiche con eparine a basso peso molecolare, la precoce mobilizzazione, riducono il rischio di mortalità.
Nell’ambito dei traumi da caduta dell’anziano, in un Pronto Soccorso ortopedico, la frattura pertrocanterica è molto frequente. I malati richiedono una valutazione veloce in quanto, data l’età avanzata, non solo si possono riscontrare altre importanti lesioni (vedi la lesione della milza) ma si può complicare con importante instabilità emodinamica per l’emorragia determinata dalla frattura.
Sintomi
Le fratture del collo del femore e pertrocanteriche si presentano con sintomi comuni:
- Elevato dolore,
- assoluta impossibilità di mantenere la stazione eretta e di deambulare,
- arto inferiore accorciato e con rotazione esterna (il piede tende a toccare il terreno col suo margine esterno).
Trattamento chirurgico
L’intervento chirurgico consiste nell’unione dei frammenti ossei della frattura con mezzi metallici, quali chiodi e placche (osteosintesi) o nella sostituzione dell’intera articolazione con una protesi metallica (protesi totale) o della sua parte femorale (endoprotesi).
L’intervento chirurgico è possibile, nella gran parte dei casi, nel paziente anziano e permette di ridurre al minimo il tempo di immobilizzazione a letto, impedendo così la comparsa di gravi complicazioni come piaghe da decubito, disturbi respiratori e circolatori, alterazioni psichiche o infezioni urinarie.
La scelta del tipo d’intervento dipende dalla frattura (frattura del collo del femore o pertrocanterica), dall’età e dalle condizioni generali del paziente.
Osteosintesi con chiodo gamma
Intervento che permette di fissare la frattura mediante un chiodo inserito nel femore e una vite inserita nel collo femorale.
Il chiodo bloccato di femore è il sistema chirurgico più idoneo in tale lesione.
La sua prerogativa principale è determinata dalla rapidità d’intervento, dalla via di accesso chirurgica mini-invasiva che limita le perdite ematiche, dall’elevata stabilità dell’impianto che permette di mettere seduto il paziente già il giorno dopo l’intervento e in piedi dopo due o tre giorni.
Endoprotesi
Negli anziani con frattura del collo femorale, si propone una Endoprotesi o una protesi totale d’anca (con rimozione della testa del femore). Nei pazienti più giovani è preferibile conservare la testa del femore e fissare la frattura mediante Osteosintesi.
Trattamento Riabilitativo
- Il trattamento riabilitativo inizia nei giorni immediatamente successivi all’intervento chirurgico, condizionato dalla situazione generale del paziente, dal suo stato cognitivo, dalla capacità di collaborazione, dal dolore e, in generale, dalla co-morbilità e dalle eventuali complicanze post- chirurgiche (anemizzazione, agitazione psicomotoria post-anestesia, scompenso cardiaco, scompenso metabolico, embolia polmonare, febbre e infezioni respiratorie e urinarie, aritmie cardiache e ischemie cerebrali etc.).
La mobilizzazione precoce riduce l’allettamento al minimo, con possibilità del carico parziale o totale secondo le indicazioni del chirurgo ortopedico.
Fin dalle prime fasi ospedaliere, in reparto ortopedico, inizia la riabilitazione con mobilizzazioni ed esercizi attivi/assistiti per periodi relativamente brevi e cammino con deambulatore con aiuto, più o meno intenso, del fisioterapista.
Il ruolo della componente infermieristica opera nel nursing, nella medicazione della ferita chirurgica e di eventuali decubiti, nelle mobilizzazioni e trasferimenti dal letto alla carrozzina per accedere, quando sia possibile, alle palestre e ha parte attiva nella terapia, con indicazioni verso i medici, nell’assistenza nell’alimentazione e molto altro.Il ruolo del fisiatria è fondamentale per stabilire il progetto riabilitativo sia nella prima fase ospedaliera, che richiede talora l’intervento di altri specialisti come internista, cardiologo etc., quando il decorso è condizionato dalla presenza di complicanze post-operatorie, sia nella fase post-ospedaliera, con percorsi ambulatoriali o domiciliari fortemente condizionati dalle condizioni generali del paziente.
Si forma quindi una squadra “team” con più figure professionali che cooperano. - La valutazione fisiatrica è fondamentale per valutare la reale possibilità di recupero funzionale e gli ausili necessari.
Il recupero di un cammino efficace, con recupero dell’autonomia o un recupero parziale, è condizionato da numerosi fattori e la persistenza di “rischio cadute” dev’essere attentamente valutata per scongiurare nuove complicanze legate a cadute in casa o in RSA.
Necessita di sorveglianza o assistenza nei passaggi posturali o nell’utilizzo dei deambulatori. - La riabilitazione ha come obiettivo il recupero funzionale del cammino che necessita, come primo passaggio, del recupero della verticalizzazione con carico (parziale o totale) secondo:
– le disposizioni del chirurgo ortopedico,
– il dolore,
– la collaborazione del paziente
– l’integrità cognitiva.
L’obiettivo è recuperare, se possibile, l’autonomia del paziente nell’arco di uno o due mesi.
In alternativa, si recupera la maggior quota di mobilità con l’ausilio di deambulatori o carrozzina.
Dopo la dimissione dal reparto inizia il percorso post-ricovero ospedaliero che può prevedere, secondo le condizioni cliniche e sociali, un’ulteriore fase di ricovero in area riabilitativa di livello non intensivo (riabilitazione estensiva in regime di ricovero) o il ritorno a casa con la possibilità di iniziare la Riabilitazione Domiciliare o Ambulatoriale.
Riabilitazione Domiciliare
La Riabilitazione Domiciliare è per il paziente anziano, in un ambiente familiare che consente l’assistenza, la soluzione migliore. In seguito potrà proseguire la fase ambulatoriale, quando avrà raggiunto un grado di autonomia sufficiente alla mobilità fuori casa, accompagnato dai familiari o altri care-giver.